martedì 14 luglio 2009

I ragazzi di...domani

Non so quanti possano essere i giovani che oggi provano una sorda e nascosta nostalgia, tipo una insoddisfazione generale di “non si sa bene che cosa” che va al di là di quello che è l’appagamento materiale fatto di cose e consumi.

Forse un tempo l’urgenza di un contributo per la crescita interiore di valori era più avvertita nei ragazzi. Oggi solitamente appaiono sempre più “fuori” da sé presi dall’apparenza di relazioni virtuali con il loro personale mondo sociale. Un mondo dove tutto si brucia in poco tempo, freneticamente. A quei giovani che ancora sentono quel piccolo “malino” tipico dell’adolescenza che lascia domande senza risposta, che fa pensare al famoso chi sono, dove andrò , “ma che ci sto a fare qui”, cosa diventerò, Antonio Meneghetti dà una breve spiegazione. Seppur a tratti metafisica è di certo comprensibile ai giovani che vi si ritrovano, ma anche a quegli adulti vivi che non vogliono perdere questa nostalgia.

“In molti giovani si verifica un’acuta tensione ad essere perfetti nel proprio destino. Questa sete di un altrove lontano, dove il soggetto finalmente può trovare la sua autentica identità e per la quale è riconosciuto ed amato come unico, può manifestarsi in qualsiasi età sotto i ventiquattro anni. Essa determina un’insoddisfazione generale e fa male in un intimo che sta dietro a qualsiasi altro istinto o soddisfazione. Questa acuta tensione spesso vuol dire dolore e lacrime di fuoco. Si sperimenta una frustrazione non imputabile ad alcuna causa esterna, ma così totale che resta il dubbio se è dipeso o da un errore esterno o da un’inconscia colpa personale. Si vorrebbe crescere ma non si sa come.
Questa atroce insoddisfazione si fa incomunicabile, in quanto appena si prova ad esternarla è subito inquisita come risultato di doveri comuni incompiuti, o da ricatti da parte del sistema familistico, o del sistema culturale, o in alcuni casi come alibi a precise responsabilità. Oppure all’interno della coscienza del ragazzo viene sofferto come un eccessivo ritardo – perché impediti dal mondo adulto - nel fruire determinati piaceri o diritti attribuiti fuori misura alle persone mature. A volte si ha il sospetto penetrante di derivare da una stirpe o famiglia superiore, ma ormai perduta, oppure di essere irrimediabilmente separati dalla nostra vera terra d’origine. In molti casi, il giovane accusa una carenza di gratificante amore e stima, e questo sembra dipendere da colpa o ignoranza di quanti gli stanno intorno, i quali hanno il torto di non rendersi conto del valore e dell’importanza di «…chi sono io!».
Intanto la fantasia cerca spasmodicamente viaggi, fughe, storie, curiosità d’avventure, che sostanzialmente devono compensare il vuoto immane d’una disperazione incompiuta e incompresa.
Alcune volte questa amara tensione di un insondabile anelito, sembra trovare quiete in culture esoteriche, in reincarnazioni metapsichiche, o in vocazioni religiose con missioni di eccezionale esemplarità sociale. Il giovane acquista l’urgenza assoluta nel suo intimo investendosi come risposta ad un personale appello divino, o ad una missione di giustizia sociale che gli altri invece accusano come ideologia estremista.
La metafisica nostalgia dell’essere significa quell’attrazione insondabile che provoca inesorabile l’autorealizzazione, al di là di quanto si ha già esperienza. È una necessità interiore vaga, ma ben distinta dai consueti istinti, che impone l’investimento della propria vita in qualcosa di eccellente e assoluto. Anche se in un primo tempo sembra identificabile in mete consolidate da adulti circostanti, o in soddisfazioni come sesso, amore, primato sociale, denaro, potere, riconoscimento, etc., alla fine, dopo un attento esame, è un’esigenza trascendente i beni comuni. Spietata e inderogabile, la metafisica nostalgia dell’essere, si appella al di là delle cose di questo mondo, anche se vuole la sua storia dove ciascuno di noi esiste.
L’albero deve toccare il cielo e vivere dei suoi venti e del suo sole, senza staccare mai le radici dalla terra che gli dà luogo ed esistenza. Essere cielo, mentre si cammina per terra.” Antonio Meneghetti