giovedì 27 maggio 2010

L’attore e il personaggio

Vi è mai capitato, guardando un film, di domandarvi se quell’attore, recitando quella parte, si senta in qualche modo coinvolto personalmente e intimamente in quell’ossessione, in quella pazzia, in quel dolore? Nell’ottica ontopsicologica un bravo regista non sceglie mai casualmente un attore (o un’attrice), ma lo sceglie perché coglie in lui quella modalità complessuale che lo renderà perfetto a rappresentare quel personaggio.

Quindi il bravo attore è colui che sa suscitare le emozioni nel pubblico, ma riesce in questo perché in se stesso vive, in modo inconscio, quella situazione, quel dramma, quella nevrosi. Per cui la recita sul set diventa l’occasione per l’attore di poter esternare i suoi sentimenti, vissuti inconsciamente, che possono essere aggressività, odio, invidia, ecc., perché sul set sono accettati, fuori dal set non sono contemplati. E’ proprio nella falsità della creazione del personaggio che l’attore presenta una verità del suo inconscio individuale e collettivo.

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